In occasione dell’apertura dell’anno Lionistico 2022-23, è stato presentato anche il guidoncino in un’edizione commemorativa dei primi 10 anni del Club.

La nuova veste grafica è stata magistralmente realizzata dal socio Riccardo Lazzeri.

Moltissimi i simbolismi ed i riferimenti. Si nota subito la formella a cornice quadriloba mistilinea che ci ricorda Pisano, Ghiberti ed indubbiamente Brunelleschi, inscritta nella formella lo schema della cupola del Duomo, sempre del Brunelleschi.

Dalla formella si irradiano concentricamente i petali di un fiore, il fiore della vita (a sei o ad otto petali, in questo caso otto), il fiore che è simbolo della città di Firenze (Fiorenza, cioè città fiorente) e della Vergine Maria (per la Chiesa), Santa Maria del Fiore.

Furono i romani intorno al 59 a.c. a scegliere questo nome augurale, forse perché la fondarono a primavera in occasione dei “ludes floreales” (la festa pagana dei “giochi floreali” in onore alla dea Flora), o forse, stando ad altre fonti, perché il suo leggendario fondatore si chiamava “Fiorino”.

Il nome Santa Maria del Fiore è documentato sin dall’inizio dei lavori, 29 Marzo 1412, venne quindi fissata la festa nella stagione dei fiori, appunto, a primavera e in un giorno chiave della vita religiosa e civile fiorentina: il 25 marzo, che era il “capodanno fiorentino” e la festa dell’Annunciazione a Maria.

Il binomio fiore e Madonna è molto forte e conosciuto, nel simbolismo cristiano forse fra i più noti.

La cupola del Brunelleschi è un’opera che segna un grande cambiamento nell’architettura e nell’arte, ma è anche un’opera estremamente complessa, di quelle opere che più la studi più la scopri.

È una struttura autoportante, che risparmiò l’ingente spesa di un’enorme armatura in legno, Brunelleschi infatti studiando il Pantheon sapeva bene che una cupola tonda poteva avere come chiave di volta un anello, per esempio sulla sommità, ma che non poteva essere fatto se non in un unico passaggio. Purtroppo nel XV secolo le persone avevano dimenticato le nozioni della realizzazione del calcestruzzo, di cui gli antichi romani fecero largo uso e di cui Vitruvio ne parla minuziosamente nel De Architectura, dovremo aspettare il domenicano Giovanni Signori che nel 1511 – ben 75 anni dopo dalla conclusione dei lavori della cupola del Duomo – fece una riedizione dell’opera vitruviana.

Il genio di Brunelleschi nella realizzazione della cupola trova la sua acme nella risoluzione di questo mastodontico problema. Infatti, fa disporre le file concentriche di mattoni a spina di pesce, creando così una spirale che sale verso l’alto, l’inclinazione dei mattoni era un’altra componente essenziale infatti così facendo ogni fila completa di mattoni, ogni “piano”, era di per sé l’anello di volta, i mattoni scaricavano su loro stessi la tensione, procedendo così stringendosi man mano che saliva, ad elica, esattamente come il diaframma di una macchina fotografica.

Questa spirale è ciò che trasforma “il Fiore” da bidimensionale (pianta octopetale) a tridimensionale (cupola) e che eleva verso il cielo.

Sicuramente Brunelleschi era un ingegnere geniale e pragmatico, probabilmente non si era soffermato al simbolismo di cui discutiamo, ma non è tanto dare un’interpretazione forzata, ma il constatare che la perfezione matematica si ritrova in natura nel micro e nel macrocosmo, è la perfezione della geometria sacra, che persone come Vitruvio e Fibonacci hanno osservato e decodificato. Quello che era prima nei tempi antichi, in arte e architettura, cioè, dall’osservazione dei canoni naturali alla decodifica e rappresentazione, e che per secoli è stato dimenticato, Brunelleschi ci arriva tramite la perfezione ingegneristico-matematica. Sarà solo successivamente che avverrà la riscoperta, la riappropriazione (rinascimento), dei canoni naturali decodificati e riapplicati in arte, architettura e nelle scienze (la riscoperta di Vitruvio, Leonardo, ecc.).